Kaisai no Genri
Nel 1991, in Giappone, Shihan Toshio Tamano, allievo
del grande maestro Seikichi Toguchi (caposcuola Shorei-Kan), pubblicava il testo
"Kaisai no Genri" ovvero la teoria del karate. E' il primo ed unico libro a
parlare della teoria segreta del kata classico, un insieme di antiche norme
codificate trasmesse dal maestro Miyagi al maestro Toguchi e quindi al maestro
Tamano. Il testo ha avuto un enorme successo in Giappone ed ha aperto una nuova
era nella storia del karate. Lasciamo le spiegazioni all'autore in questa intervista.
D. Shihan, ci dica a grandi linee di cosa tratta il suo
libro.
R. L'argomento di questo libro è il "Kaisai no Genri",
la teoria sul come ritrovare le tecniche segrete di combattimento contenute
nei kata classici di karate. Nel libro ho discusso della relazione tra kata
e kumite. Come è noto il kata di karate è simile ad una forma di danza a solo.
Molti karateka non capiscono perchè dovrebbero praticare "forme di danza" per
apprendere un'arte di combattimento come il karate. Essi pensano che per un'arte
di combattimento sia auspicabile la sola pratica di tecniche di sparring come
il free sparring. Per questo motivo, sebbene essi pratichino i kata, essi enfatizzano
la pratica del jiyu kumite da competizione. A questo punto penso che sia lecito
per questi karateka passare dal karate al full contact od alla kick boxing.
In realtà il kata di karate non è una danza ma un esercizio a solo di tecniche
di combattimento. Ho voluto rivelare una parte della teoria segreta del kata
classico rivolgendomi ai karateka seri per spiegare il vero concetto del kata.
D. Si ha quindi l'impressione che le tecniche di combattimento
siano nascoste nel kata: è così?
R. No anzi è il contrario. E' importante sapere che il
kata di karate deriva dalle tecniche di combattimento e non viceversa.
D. Allora maestro, ci dica cosa è il kata di karate e
come fu creato.
R. Il kata di karate fu creato come un esercizio di tecniche
di combattimento. In Cina, in tempi remoti, fu sviluppata una tecnica di combattimento
a mani nude. Col passare dei secoli, diverse scuole crearono ed accumularono
numerose tecniche tipiche che venivano praticate in forme di allenamento in
coppia. Essi trovarono che era praticamente impossibile ricordare e praticare
tutte le tecniche dato che erano numerosissime. Scoprirono inoltre che detto
modo di praticare era inconveniente sia perchè si aveva necessariamente bisogno
di un partner sia perchè era impossibile nascondere il significato e l'applicazione
delle tecniche agli occhi delle altre scuole. Da queste considerazioni si sviluppò
l'esigenza di un nuovo tipo di esercizio. Il risultato fu la creazione della
forma kata che ha una parvenza di danza. L'evoluzione ultima di questo percorso
è il kata artistico del karate Goju-ryu di Okinawa.
D. Shihan, ci può dire allora cosa è la teoria del Kaisai?
R. Nella costruzione del kata, gli antichi usarono le
tecniche originali di combattimento che venivano usate in coppia. Al
fine di accordare tutti questi movimenti separati in una forma compatta
e continua, furono costretti a modificare le precedenti. Ad ogni modo
essi non le modificarono a caso ma stabilirono delle regole assai precise
sul come cambiarle prima di iniziare a farlo. Questo significa che se
noi siamo a conoscenza di dette regole possiamo trovare le tecniche
originali di combattimento a partire dai kata di karate. Il fondatore
del karate Goju-ryu, il maestro Chojun Miyagi dette il nome a questo
insieme di prescrizioni di "teoria del Kaisai", Kaisai no Genri in giapponese.
Se non la conosciamo, non possiamo decodificare le tecniche segrete
nascoste nei kata. Il Kaisai no Genri è come una chiave per decodificare
un messaggio crittografato.
D. E' quindi una azione molto grave modificare
i kata perchè diviene impossibile estrarre le tecniche originali, è
così?
R. Certamente diventa impossibile. Se il messaggio
crittografato non è corretto, anche conoscendo il codice non possiamo
giungere al messaggio originale. Se modifichiamo un kata le tecniche
originali nascoste sono perse per sempre.
D. La teoria del Kaisai viene insegnata a tutti
gli studenti?
R. Tutti gli studenti imparano i kata ma per preservare
le tecniche segrete dagli occhi delle altre scuole, i maestri hanno
sempre selezionato uno o massimo due studenti per generazione cui spiegare
questa teoria.
D. Nella scuola del maestro Miyagi chi è a conoscenza
della teoria del Kaisai?
R. Il maestro Toguchi la ha appresa dal maestro
Miyagi, personalmente non so di alcun altro che ne abbia la conoscenza.
D. Quando ha iniziato a pensare di scrivere questo
testo?
R. Non ricordo esattamente quando ma penso che
l'idea di sviluppare questo testo mi nacque intorno al 1985 quando mi
trovavo in Italia.
D. Perchè solo in giapponese?
R. Ho pubblicato questo libro in Giappone perchè
era mia intenzione dire ai maestri di karate giapponesi ed ai loro discepoli
che la teoria del Kaisai esisteva ancora. In Giappone molti maestri
erano soliti raccontare ai loro allievi che la teoria fu persa durante
la seconda guerra mondiale.
D. Cosa ha detto il maestro Toguchi del libro?
R. Toguchi Sensei è stato molto felice del libro.
Egli ha tenuto un party in mio onore nell'occasione della pubblicazione
del testo ed ha detto, in quella occasione, a tutti gli istruttori Shorei-Kan
che il mio libro è il suo testamento per il karate.
D. Cosa si è detto di questo libro in Giappone?
R. Esso ha avuto molto successo. La principale
rivista giapponese di arti marziali ha scritto che tutti i praticanti
di karate dovrebbero leggerlo. I due quotidiani di Okinawa gli hanno
dedicato ampio spazio ed io ho ricevuto svariate lettere dai lettori.
Sicuramente ho smosso molte coscienze......
D. Shihan, pubblicherà questo libro anche in
altre lingue?
R. In questo momento sto terminando la traduzione
in inglese in previsione dell'uscita negli Stati Uniti.
D: Shihan, quanti capitoli contiene il suo libro?
R: Il mio libro "Okinawan Goju-Ryu Karate" contiene
quattro capitoli che trattano quattro argomenti diversi. Nel primo capitolo
si parla del Kaisai No Genri (La teoria del Kaisai). E' questo l'argomento
principale del libro. Nel secondo capitolo spiego come i maestri Kanryo
Higaonna, Chojun Miyagi e Seikichi Toguchi lavorarono utilizzando la
teoria del Kaisai e resero così possibile l'evoluzione del Karate Goju-Ryu.
Nel terzo capitolo, "Impressioni sul Karate", presento le mie idee per
lo sviluppo futuro del Karate stesso; uno sviluppo verso l'agonismo
e la competizione, ma mantenendo intatte le caratteristiche originali
e dando la possibilità di competere garantendo l'assoluta incolumità
e sicurezza dei praticanti. Nell'ultimo capitolo spiego la storia del
Karate di Okinawa. Le sue origini non si conoscono precisamente; non
esistono che pochissimi documenti e quei pochi trattano l'argomento
in modo marginale. Ho cercato di approfondire le ricerche ed ho riportato
in breve le mie opinioni e supposizioni.
D: Ci può illustrare in breve il primo capitolo?
R: Il primo problema che si pone è capire cosa
è il kata, come si è sviluppato e a cosa serve. Capire questo è importante
dato che, non conoscendo la teoria del Kaisai, non si riesce a capire
che nesso vi sia tra kata e kumite. La forma estetica esteriore dei
kata, il loro richiamo ad una forma di danza, confondono colui che non
conosce la genesi dei kata ed il mascheramento delle tecniche al loro
interno. Si crea così uno scollamento tra kata e kumite che porta ad
una scorretta comprensione del karate. Molti maestri parlano della importanza
del kata, senza peraltro sapere perchè il kata è fatto sotto forma di
danza e senza sapere che la forma di danza è arte marziale; questo è
molto difficile da spiegare ed è difficile capire questa relazione.
Questa incomprensione ha però una implicazione assai preoccupante. Quando,
chi intepreta il kata come una forma di danza, lo insegna ai propri
allievi nel modo in cui lo ha percepito, inevitabilmente inserisce delle
variazioni all'interno del kata stesso. Ad ogni passaggio da istruttore
ad allievo vi saranno delle variazioni che avranno come risultato finale
un kata profondamente modificato poichè coloro che cambiano i kata classici
non conoscono la teoria e non sanno perchè pratichiamo i kata. Se sapessero
come tradurre questi movimenti in tecniche di combattimento, allora
non ci sarebbero più cambiamenti e la tradizione sarebbe preservata.
Nello Shorei Kan si dice spesso che modificare i koryu kata è un crimine
e che il compito di una certa generazione di karateka è quello di tramandare
i kata classici inalterati alla generazione successiva. I koryu kata
sono il nostro patrimonio (perchè da essi attingiamo tutte le tecniche
della nostra arte) e tocca a noi preservarlo nel miglior modo possibile.
D: Shihan, come possiamo capire un kata?
R: Il primo passo da compiere è capire come sono
nati e si sono sviluppati i kata. In breve, bisogna capire che tutto
il processo è iniziato migliaia di anni fa e vi è stato un lungo cammino
durante il quale è avvenuta una cristallizzazione da cui sono scaturite
le arti marziali dei templi cinesi e quindi il Goju-ryu di Okinawa.
Per questo motivo è importante la tradizione e per questo motivo noi
la rispettiamo.Essa è il risultato della vita e del lavoro di centinaia
di generazioni di maestri. Personalmente ho elaborato una teoria sugli
stadi di sviluppo del kata, a partire dalla tradizione orale che è stata
approvata dal maestro Toguchi.
D: Ci può dare delle delucidazioni su questa
teoria?
R: Ci sono stati quattro stadi nello sviluppo
dei kata: -il primo stadio è stato copiare la natura (in particolare
gli animali ed i loro combattimenti). A questo livello si praticava
sempre kumite a coppie. -il secondo stadio fu la creazione di esercizi
a solo ma senza una organizzazione direzionale. In questo periodo vi
furono forti influenze del buddismo Chan, del taoismo e di esercizi
per la salute tipo Do-In. Ci sono tuttora delle scuole cinesi che eseguono
questo tipo di esercizi. -il terzo stadio nacque da esigenze di compattamento
delle tecniche ed è quello in cui nasce il concetto di diagramma Embusen.
Si stabilirono delle regole per modificare i kata e renderli più facili
da praticare. Questo è il livello di parecchi stili di kung fu. -il
quarto stadio è il kata artistico di Okinawa. Il passaggio dalla Cina
ad Okinawa fu caratterizzato dal temperamento mite ed artistico del
popolo dell'isola che introdusse enfasi sulla eleganza ed espressività
dei kata. Questo è, in estrema sintesi, il lunghissimo processo che
ha portato i kata dal primo al quarto stadio. Oggi è certamente impossibile
pensare di ricostruire cosa vi era al primo livello.
D: Come si ricollega questa teoria al Kaisai
no Genri.
R: Il Kaisai No Genri consiste in tre principi
fondamentali e molti altri secondari. Naturalmente i primi tre sono
i più importanti. Gli altri lo sono un po' meno, ma sono altrettanto
utili per la comprensione dei kata. Se non seguiamo questi principi,
non riusciremo mai a ritrovare le tecniche reali di combattimento celate
nei koryu kata. I tre principi fondamentali sono: 1. Non fatevi ingannare
dai movimenti del kata, che sono regolati dall'Enbusen 2. Nel kata avanzare
significa attaccare ed indietreggiare significa difendersi 3. Nel kata
l'avversario è sempre uno solo e davanti a voi
D. Sono abbastanza vaghi. E' difficile comprenderne
l'esatto significato.
R. Naturalmente! Non per nulla stiamo parlando
di una teoria segreta. Se tutto fosse alla luce del sole non sarebbe
più un segreto. Comunque lasciatemi spiegare il primo principio del
Kaisai no Genri. Dice testualmente : Non fatevi ingannare dai movimenti
del kata, che sono regolati dall' Enbusen. La coreografia del kata si
basa sulle regole del diagramma Enbusen. Le tecniche utilizzate nei
kata si chiamano Hyomen Gi (Tecniche esteriori). Le Hyomen Gi furono
create per poter comporre delle forme di kata, simili alla danza ed
eseguibili da soli. Sono tecniche modificate. Il Kaisai è il lavoro
di ricerca delle tecniche di combattimento originali, create dagli antichi
maestri e questa ricerca deve essere fatta al di là dell'apparenza delle
Hyomen Gi. Queste tecniche originali, una volte ritrovate, si chiameranno
Kaisai Gi. Il significato ultimo del primo principio fondamentale del
Kaisai no Genri è proprio questo: Non confondete le Hyomen Gi con le
Kaisai Gi. Ciò significa: "non pensate che il movimento del kata sia
la tecnica reale". Questo principio è alla base della teoria del Kaisai
e di molti gravi fraintendimenti. Esso sancisce il fatto che le tecniche
originali sono veramente nascoste nelle tecniche del kata e quasi sempre
non sono simili alle relative tecniche camuffate. In altre parole se
non si conoscono le regole del Kaisai è impossibile recuperare le tecniche
originali. La grandezza degli antichi maestri sta nella costruzione
di questi kata che hanno una logica esterna già coerente ma nascondono
un patrimonio infinito sotto forma di altri movimenti.
D. Questo significa che non possiamo utilizzare
le Hyomen Gi per il combattimento reale?
R. No, non ho detto questo. Ho semplicemente detto
che le Hyomen Gi non sono le Kaisai Gi. Alcune Hyomen Gi sono molto
efficaci anche nel combattimento reale, ma quelle tecniche sono ovvie
nel kata e riconoscibili da chiunque. Ciò ci fa capire che i nostri
predecessori non consideravano importante celarle agli occhi delle altre
scuole. Non sono tecniche segrete.
D. Ci può spiegare le regole
del diagramma Enbusen?

R. Enbusen letteralmente significa linee di sviluppo
del kata. E' il diagramma che regola le direzioni degli spostamenti
nel kata (Diagramma A). Venne stabilito quando gli antichi maestri cominciarono
a creare i kata di Karate da eseguirsi da soli. Tutti i kata del Karate
di Okinawa, indipendentemente dallo stile, seguono questo diagramma.
D. Ma, mi scusi Shihan,
in nessuno dei koryu kata del Goju-Ryu ci si muove in direzioni così
semplici. Per esempio, nel kata Saifa, all'inizio, avanziamo a zigzag.
Come si spiegano questi spostamenti con un diagramma tanto semplice?
R. E' un'ottima domanda. Il nome completo dell'Enbusen
è: Kata no Kihon Enbusen (Enbusen basilare del kata). E' importante
sapere che ci sono due tipi di Kihon Enbusen: il primo è lo Shu (principale)
Enbusen, l'altro è il Fuku (supplementare) Enbusen. Entrambi hanno la
stessa forma, ma hanno funzioni differenti: lo Shu Enbusen è considerato
la mappa di base del kata e non si muove; mentre il Fuku Enbusen si
muove sulle linee dello Shu Enbusen come fosse un battello pilota. Prendiamo
ad esempio il kata Saifa. Guardate il diagramma B. Il punto di partenza
del kata si chiama Shu Kiten. Nel kata Saifa avanziamo nella direzione
H partendo dallo Shu Kiten. Nel punto in cui ci fermiamo, immaginiamo
un nuovo Kiten (Fuku Kiten) e stabiliamo un Fuku Enbusen nella stessa
direzione dello Shu Enbusen. Questo è il Primo Fuku Enbusen. Ora eseguiremo
le tecniche secondo questo diagramma; la tecnica successiva seguirà
le direzioni del primo Fuku Enbusen, non dello Shu Enbusen. Nel kata
Saifa il passo successivo si esegue verso la direzione G1 partendo dal
Fuku Kiten 1. Ed ancora, nel punto in cui ci fermiamo, stabiliremo un
nuovo Kiten (Fuku Kiten 2) ed il Secondo Fuku Enbusen nello stesso modo
in cui abbiamo stabilito il primo. Una volta terminate le tecniche sul
secondo Fuku Enbusen, avanziamo ancora verso H2 (Diagramma C). Continuiamo
così, stabilendo molti Fuku Enbusen sullo Shu Enbusen. Alla fine del
kata Saifa, l'ultimo Fuku Kiten, si sovrappone allo Shu Kiten. Questo
principio, secondo il quale il kata finisce al punto d'inizio, si chiama
Kiten Shuketsu no Genri (regola della fine del kata sul Kiten)
D. Di conseguenza, la regola
dell'Enbusen fu stabilita per poter creare dei kata molto compatti,
eseguibili da soli?
R. Esattamente.
D. Allora, seguendo la regola di Kiten Shuketsu
no Genri, dobbiamo terminare il kata sul punto Kiten. Se non terminiamo
sul Kiten non avremo eseguito il kata correttamente?
R. No. Questa regola fu stabilita per coloro che
crearono i kata, non per noi che li eseguiamo. Alcuni kata di Goju-Ryu
terminano con lo Shu Kiten e l'ultimo Fuku Kiten sovrapposti, altri
no. Se gli antichi maestri non si preoccuparono troppo di sovrapporre
il punto di partenza ed il punto di arrivo e crearono alcuni kata di
conseguenza , come potremmo noi terminare il kata sul Kiten? Se un kata
non segue questa regola e lo eseguiamo secondo gli intendimenti originari
non commetteremo nessun errore terminando il kata lontani dal Kiten.
D. Ci sono altre regole che riguardano l'Enbusen?
R. Si. Esiste la regola dell'equilibrio dei passi.
I kata, normalmente, sono stati creati in modo da controbilanciare i
passi. Per esempio, se avanziamo o ci muoviamo verso destra, indietreggeremo
o ci muoveremo verso sinistra durante il movimento successivo. Un'altra
regola importante e quella della Limitazione del numero di ripetizioni
dei passi. Nel kata di Goju-Ryu Suparinpei, vi è una ripetizione di
quattro passi; questo è il massimo. Tre passi sono più comunemente utilizzati
in altri koryu kata. Esistono molte altre regole del diagramma Enbusen,
ma quelle che vi ho spiegato sono le più importanti.
D. Così, se ho ben compreso, i kata sottostanno
a numerose regole?
R. Esattamente. Ecco perché il primo principio
ci esorta a non lasciarci ingannare dai movimenti del kata. E' sorprendente
il numero di persone che, erroneamente, considerano i movimenti del
kata, vere e proprie tecniche di combattimento. Cerchereste di mantenere
l'equilibrio dei passi durante un combattimento reale? "Sono andato
in avanti prima, quindi adesso devo tornare indietro per mantenere l'equilibrio
dei passi". Oppure non fareste il quinto passo consecutivo per non superare
il numero di ripetizione dei passi stabilito? Nessuno si comporterebbe
così durante un combattimento reale. Ma le Hyomen Gi sono state disegnate
in questo modo e seguono queste regole. Le tecniche dei kata sono artificiali,
mentre le tecniche reali di combattimento devono essere spontanee. Dobbiamo
sempre tenerlo a mente.
D. Ma come facciamo allora a trovare la relazione
tra Hyomen Gi e Kaisai Gi se i movimenti dei kata non hanno nulla a
che fare con le tecniche reali di combattimento?
R. Per rispondere a questa domanda dovremmo analizzare
la seconda regola : Nel kata avanzare significa attaccare, indietreggiare
significa difendersi.
D. Shihan può spiegarci come facciamo allora
a trovare la relazione tra Hyomen Gi e Kaisai Gi se i movimenti dei
kata non hanno nulla a che fare con le tecniche reali di combattimento?
R. Per rispondere a questa domanda dobbiamo analizzare
la seconda regola : Nel kata avanzare significa attaccare, indietreggiare
significa difendersi. Vale a dire che in tutti i koryu kata ad un passo
in avanti corrisponde una tecnica di attacco; ad un passo indietro,
una tecnica di difesa. Ad esempio molti pensano che le due tecniche
gedan uke in shiko dachi del kata Seyunchin siano due parate. Se verificate
osservando gli spostamenti, noterete che si esegue un passo avanti ed
uno indietro. Le tecniche kaisai sono, quindi, un attacco ed una difesa.
Le tecniche dei kata sono Hyomen Gi; non fatevi ingannare dai movimenti
esteriori e non confondeteli con le vere tecniche di combattimento.
Questo principio è una delle basi del sistema Shorei-kan iniziato dal
maestro Miyagi e completato dal maestro Toguchi ed è stato da loro utilizzato
per creare tutti gli esercizi dell'Hojo Undo, i Fukyu kata e tutti i
vari tipi di kumite (kiso, bunkai, jissen...). Se uniamo ora i primi
due principi iniziamo ad intravedere la bellezza della architettura
dei kata e la possibilità di costruire interessanti applicazioni.
D. Già da questa breve analisi dei primi due
principi fondamentali del Kaisai cominciamo a comprendere la complessità
e la bellezza dei kata classici. Cos'altro aggiunge il terzo principio?
R. Il terzo principio è:"Nei kata l'avversario
è sempre uno solo e di fronte a noi". "...sempre uno alla volta...";
nel karate, anche se si deve combattere contro cinque avversari, si
deve ricondurre il combattimento a cinque combattimenti uomo contro
uomo. E' sempre uomo contro uomo e faccia a faccia. Nei kata classici,
ci sono anche delle tecniche di difesa da attacchi alle spalle, ma il
principio delle tecniche di karate è di pensare sempre al faccia a faccia.
Per gli attacchi da dietro c'è un'altra teoria.
D. Eppure si vedono spesso applicazioni di kata
eseguite con più avversari...
R. Questo è un esempio di incomprensione della
teoria del kaisai: si confonde il movimento del kata con la tecnica
di combattimento reale e le direzioni dell'embusen con il numero di
avversari con cui si combatte. In un combattimento reale sarebbe assurdo
fare tre passi avanti e tre pugni per colpire una persona lontana, sarebbe
assurdo fare una parata a destra solo perchè ne ho fatta una a sinistra
precedentemente; allo stesso modo è assurdo pensare che se arriva un
pugno destro devo pararlo per forza con la sinistra perchè nel kata
il movimento è quello. Le tecniche del kata non sono le tecniche del
kaisai. Una altra importante precisazione va fatta sul Bunkai. Molti
maestri dicono che kaisaigi è come bunkaigi, che le tecniche dei bunkai
sono le tecniche del kaisai. A costoro dico solo che il maestro Miyagi,
colui il quale ha creato i bunkai, non usava bunkai come sinonimo di
kaisai (ndr. i due termini, in giapponese sono sinonimi). Per questo
motivo molte scuole hanno fatto un'enorme confusione. La teoria del
bunkai non è la teoria del kaisai. Questi sono i tre principi fondamentali.
Se applichiamo questi principi possiamo trovare delle tecniche che quanto
meno sono molto simili a quelle originali; se non li usiamo non troveremo
mai le tecniche originali. Si può ora intuire perchè ogni singola tecnica
di un kata è molto importante; non è sufficiente ricordare le tecniche,
ma occorre eseguirle correttamente in ogni dettaglio.
D. Ora si capisce perchè i kata classici sono
così importanti....
R. Avrete almeno capito perchè si praticano i
kata. Questo è l'unico modo per preservare la tradizione. I kata sono
molto importanti, ma se sono cambiati da qualcuno non si ha più modo
di ritornare alla forma originale; questo è il loro punto debole. Alcuni
maestri, cambiando le tecniche dei koryu kata ed insegnandole modificate
ai loro allievi, hanno legittimato questi ultimi, una volta diventati
istruttori, ad apportare ulteriori modifiche. Così in breve tempo si
distrugge un'arte marziale. Questo è un punto molto, molto triste riguardo
al karate. Molte persone non capiscono perchè si eseguono i kata, e
si arrogano il diritto di cambiarli con la giustificazione del "ah così
è meglio.." ed ogni giorno inventano tecniche nuove. Una volta modificata,
anche solo nei minimi particolari, la tecnica originale è perduta per
sempre.
D. Cosa altro ci può dire sulla teoria del kaisai?
R. Questi esposti sono i tre principi fondamentali
della teoria che è però ben più complessa ed articolata. Essa si basa
anche su altri principi secondari e su dei corollari.
D. In conclusione di questa spiegazione ci può
mostrare, con l'ausilio di alcune immagini, un esempio di confusione
tra hyomengi e kaisaigi?
R. Certamente, il mio testo giapponese è
ricco di questo genere di spiegazioni che fanno ben comprendere
l'uso di questa teoria. Prendiamo
in analisi la tecnica tate hiji uchi in nekoashi dachi presa dal
koryu kata Seyunchin. Essa viene eseguita due volte di seguito
arretrando in surii-ashi. L'analisi Kaisai prende in considerazione
tutti gli elementi della tecnica perchè hanno tutti un significato.
Arretrare abbiamo visto vuol dire tecnica di difesa, il numero
delle ripetizioni successive di una tecnica ha un altro significato,
il fatto che si arretri in surii ashi e non in ayumi ashi è un'altra
informazione e così via.

Nelle foto A e B vediamo la tecnica del
kata, nelle successive due, C e D, l'applicazione hyomengi, che
alcuni sostengono essere la tecnica originale. In questo caso,
essendo stati bloccati alle spalle, ci si libera con questo movimento
delle braccia colpendo con il gomito all'indietro l'avversario.
Prima di analizzare questa applicazione dobbiamo aggiungere un'altro
aspetto sulle tecniche "Kaisai". Le tecniche del Kaisai sono sempre
dinamiche, mai di difesa personale statica. Certo si possono estrarre
questo tipo di tecniche dai kata ma è un discorso secondario.
Inoltre bisogna pensare che le tecniche che venivano elaborate
dai grandi maestri erano tecniche per combattere contro esperti
avversari. Per questo motivo le tecniche del kaisai rispondono
sempre alla domanda: " è questa la tecnica più efficace per risolvere
questa situazione?" Quando è possibile si ricorre sempre a tecniche
risolutive come un mae-geri ai testicoli, un hiji uchi o simili.
Naturalmente ad attacchi con tecniche esperte corrisponderanno
parate e contrattacchi adeguati. Senza quindi ricorrere alla teoria
del kaisai è quasi sempre possibile smascherare una tecnica Hyomengi
per il fatto che quella situazione si può risolvere in modo evidente
con una mossa più semplice od efficace. Nel nostro esempio, inoltre,
in un vero combattimento tra due esperti, chi attacca alla schiena
non si avventurerà certamente in un bloccaggio come quello della
foto C che lo espone comunque ad una serie di possibili contrattacchi
assai pericolosi. Egli da dietro colpirà con violenza la schiena
dell'avversario con i pugni o con il ginocchio. Questo è un concetto
fondamentale: le tecniche del Kaisai sono tecniche concepite per
veri combattimenti tra esperti, non sono per la difesa personale
da attacchi banali, o per il combattimento agonistico. Questo
è uno dei motivi per cui questa applicazione sicuramente non è
Kaisaigi. Un altro aspetto è l'efficacia che deve sempre essere
evidente e sperimentabile nella tecnica originale. In questo caso
è chiaro che, se la persona che fa la presa stringe in modo adeguato,
non si può uscire in questo modo dal bloccaggio. Non dimenticate
mai che dietro alla teoria c'è sempre la pratica del combattimento;
verificate le vostre tecniche praticamente. Nel caso specifico
provate a liberarvi in questo modo dalla presa di un uomo sufficientemente
forte. Abbiamo già visto che la tecnica kaisai deve essere una
parata e questa hyomengi non è una parata. Abbiamo anche detto
che le tecniche originali sono concepite per un combattimento
in cui si fronteggia l'avversario. Si nota quindi grazie a questo
esempio come si possa vedere facilmente se una tecnica sia stata
estratta usando la teoria del Kaisai o no.
D. Allora, qual'è la tecnica kaisai dell'esempio
visto?

Nel nostro esempio la tecnica Kaisaigi (foto
E e F) è una parata contro un attacco di mae hiji uchi, tecnica
assai difficile da parare. In questo caso si arretra e si colpisce
un atemi preciso del braccio dell'avversario con il proprio gomito.
D. Abbiamo così capito come si smascherano le
false kaisagi, ma come si fa a risalire alle tecniche vere dai movimenti
del kata?
R: Il modo in cui si estrae la tecnica originale
è un segreto della scuola Shorei-Kan e si inizia a studiare nel programma
di esame a partire dal livello di sandan. Si può solo dire che si usano
le regole del Kaisai (che sono molte) secondo la stessa teoria.
D. Allora con gli elementi che ci ha messo a
disposizione possiamo anche noi cimentarci nello smascheramento delle
false kaisaigi
R. Si, divertitevi pure in questa sorta di esercizio
teorico, ma non dimenticate il principio fondamentale e primario del
karate: praticare, praticare, praticare!!!
D. Shihan, cosa può aggiungere sulla teoria del
kaisai?
R. Ci tengo a sottolineare che non è vero, come
in Giappone asserivano molti maestri (prima che uscisse il mio
lavoro), che durante la seconda guerra mondiale tutti i maestri
che conoscevno la teoria dei kata sono morti; noi siamo qui! Io
ho scritto a partire dalla nostra storia, non mi sono inventato
nulla. Molti maestri mettono a punto delle loro teorie personali,
inventano delle storie; io ho scritto un libro per spiegare in
modo accurato cosa è la teoria del Kaisai e per portare prova
che esiste ancora. Ci tengo particolarmente a riportarvi quanto
ho voluto che fosse scritto sulla fascetta esterna del libro giapponese:"questo
è il testo della teoria del karate goju-ryu che ho scritto partendo
dall'insegnamento del maestro Toguchi e del maestro Miyagi (loro
l'hanno tramandato, io ne ho scritto)".
D. Ci può spiegare perchè ha dedicato il
terzo capitolo all'argomento "le impressioni sul karate (in Giappone)"?
R. In Giappone oggi l'immagine del karate è assai
bassa e le opinioni al riguardo sono assai negative. A mio avviso
la causa principale del decadimento e il jiyu kumite che fu introdotto
in Giappone, non ad Okinawa. Come ho già detto il karate di Okinawa
era molto più artistico per cui l'allenamento era molto più incentrato
sul kata che non sul kumite, direi all'ottanta per cento kata
ed al venti kumite se non addirittura novanta-dieci. Ci sono ancora
oggi ad Okinawa dei maestri che insegnano nel modo antico e la
cui lezione si svolge nel seguente modo: kata poi makiwara, pausa
poi ancora kata e makiwara...
D. Poi che accadde?
R. Intorno al 1920 i maestri Miyagi, Mabuni, Funakoshi
andarono ad insegnare in Giappone a Tokyo, Kyoto, Osaka, Kobe
per diffondere l'arte. Essi iniziarono ad insegnare nelle università
perchè il karate, essendo sconosciuto in Giappone, era escluso
dal circuito ufficiale delle arti marziali. Il karate fu introdotto
dai maestri di Okinawa e fu naturalmente introdotto nel modo in
cui le persone erano solite praticare in Okinawa, il che vuol
dire che vi era enfasi sulla pratica dei kata. Quando questo sistema
fu introdotto in Giappone, gli studenti, i quali non capivano
l'importanza dei kata, pensarono che non fosse ancora una arte
marziale completa ed iniziarono a modificarla usando l'idea di
arte marziale che i giapponesi già possedevano. Da qui inizia
la grande confusione del karate. Gli studenti introdussero il
jiyu kumite (che ad Okinawa non era praticato) perchè erano insoddisfatti
dalla pratica dei kata, iniziarono da soli e si crearono le regole
prendendo a prestito dalle altre arti marziali termini come ippon
e waza-ari. Il loro scopo non era però quello di fare evolvere
il karate bensì quello di competere per divertirsi. In questo
processo è però venuto a mancare un controllo, una supervisione
dato che furono gli studenti a decidere tutto.
D. Ma i maestri non dissero nulla?
R. Oh, no! I maestri richiamarono duramente
gli allievi ma questi, anche alle spalle dei maestri, non desistettero.
I maestri di Okinawa provavano una forte avversione al jiyu kumite.
Vi voglio citare due storie eloquenti. Shinken Taira Sensei era
allievo di Funakoshi Sensei e si trasferì a Tokyo per fargli da
assistente. Taira ha raccontato a Toguchi Sensei che, ai tempi
dell'introduzione del jiyu kumite, egli girava con altri istruttori
per le palestre di boxe di Tokyo a cercare studenti che praticavano
combattimento libero "clandestinamente". Quando li scovava, dava
loro una lezione davanti a tutti per esortarli a terminare quella
pratica alle spalle di Funakoshi Sensei. Il secondo esempio mi
riguarda in prima persona. Durante i primi anni di studio con
Toguchi Sensei, desideravo fare jiyu kumite contro la sua volontà.
Io lo praticavo alle sue spalle ma quando egli mi scoprì, si arrabbiò
moltissimo ed entrambe le volte che accadde mi allontanò dal dojo
per più di un mese. Penso che ora sia chiaro l'atteggiamento dei
maestri di Okinawa nei confronti del jiyu kumite. Ciò che è difficile
spiegare è però il particolare clima che vige nelle università
in Giappone, ove lo studente gode di privilegi e di una gerarchia
del tutto particolari, e che ha permesso che si verificasse quanto
vi ho detto.
D. Poi che accadde?
R. Come ho detto, furono gli studenti universitari
ventenni ad introdurre il jiyu kumite. Il primo problema nacque
al riguardo della sicurezza. Quando si è giovani, si è spavaldi
e "bulli" e, specialmente in Giappone, gli studenti amano molto
certe attività. Il karate universitario divenne violento, il che
non fu un problema sino a che fu praticato solo tra studenti,
ma pose grandi limiti al suo sviluppo quando divenne popolare
e fu necessario proporlo a bambini, persone anziane o comunque
con altre motivazioni. Il problema della incolumità dei praticanti
è allora diventato assai importante. Per questo motivo Miyagi
Sensei volle supervisionare questo processo per fare progredire
il karate come arte marziale e come sistema educativo. Egli volle
un sistema con buone regole e protezioni per potere organizzare
competizioni di karate con sicurezza.
D. Shihan, cosa pensa del jiyu kumite oggi?
R. Penso che l'idea del jiyu kumite sia corretta.
Anche Miyagi Sensei pensava che fosse giusta l'idea di fare competizioni
in un sistema di sparring. Egli voleva creare un sistema di combattimento
con protezioni dato che sapeva che il karate non era ancora completamente
sviluppato. Egli scrisse in "karate-do Gairyaku" (note generali
sul karate-do) nel 1936 che avrebbe desiderato seguire lo spirito
delle arti marziali giapponesi creando un tipo di combattimento
adatto a competizioni di sparring. L'alternativa sarebbe stata
di rimanere indietro rispetto al judo ed al kendo. Miyagi Sensei
desiderava fare come Jigoro Kano nel judo e Shusaku Chiba nel
kendo. Lavorò a questo progetto, creò un sistema, delle regole,
delle protezioni. Durante il suo soggiorno a Tokyo progettò e
fece costruire delle protezioni, ma non ne fu soddisfatto, dato
che queste si ruppero sotto i colpi portati. Miyagi Sensei iniziò
questo lavoro prima della guerra ma non lo concluse sia per le
sue precarie condizioni di salute dopo la guerra che per l'isolamento
di Okinawa dal Giappone a causa della occupazione americana. In
quel periodo era veramente difficile uscire dall'isola. Dopo parecchi
anni Toguchi Sensei capì il desiderio di molti allievi di competere
e proseguì l'idea di Miyagi Sensei. Arrivò ad organizzare per
due anni di seguito delle competizioni Shorei-kan a Tokyo ma,
non pago del risultato, le sospese. Egli non era pienamente soddisfatto
del risultato e lasciò incompiuto il lavoro. Quando compresi la
teoria del Kaisai ed arrivai a padroneggiarla, ripresi il lavoro
iniziato dai maestri Miyagi e Toguchi. Il mio approccio è stato
però diverso. A mio avviso è importante stabilire prima delle
regole e studiare successivamente delle protezioni ad hoc. I miei
predecessori presero delle protezioni e stabilirono successivamente
delle regole peraltro abbastanza generiche. Le loro regole erano
quelle del combattimento completamente libero come si usava una
volta e non vi era praticamente alcuna limitazione dei colpi.
Io non so precisamente che regole ci fossero al tempo di Miyagi
Sensei ma Yagi Sensei mi ha riferito che quando provarono ad Okinawa
le protezioni fatte a Tokyo dal Maestro, un praticante si prese
un nukite negli occhi con le conseguenze che si possono immaginare.
L'idea da cui partirono era quella di usare qualunque tecnica
dei kata, senza alcuna limitazione di tecnica o di bersaglio.
Ma, come ho detto, non si può tirare agli occhi, e, anche se si
indossa una maschera del tipo da kendo, non si può colpire di
tsuki al mento, è comunque troppo pericoloso.
E' fondamentale il fatto che le tecniche debbano
essere limitate. Nel judo Jigoro Kano Sensei limitò atemi waza,
kansestsu waza, tutte tecniche del ju-jitsu che erano però troppo
pericolose nel combattimento libero. Lo stesso discorso vale per
il kendo moderno come per la scherma occidentale.
Penso che un buon esempio per il karate possa
venire anche dagli sport olimpici. Nei giochi olimpici tutte le
competizioni come la maratona, il lancio del peso, il giavellotto
e così via dicendo, hanno origini belliche. Nella loro evoluzione
hanno preso la forma attuale per poter competere con sicurezza.
Si è cercato di rendere tutti gli sport più sicuri possibile e
facili da arbitrare. In questo modo sono cresciuti e sono arrivati
alle olimpiadi. Questa è la direzione che deve prendere anche
il karate, per seguire le altre arti marziali e gli sport. Ancora
oggi il rischio di farsi male in una gara di karate è troppo alto
perchè comunque il controllo dipende dall'avversario. Per cui
io cerco di prenderlo ma lui cerca di prendere me per cui accadono
gli incidenti. Bisogna considerare bene questo aspetto. La risposta
è: bisogna indossare protezioni adeguate. Inoltre bisogna usare
delle buone tecniche marziali, con il giusto kime e deve trasparire
il giusto spirito. Solo in questo modo si può rendere la pratica
più interessante e mantenere lo spirito dell'arte marziale. Da
queste considerazioni, dalle esperienze di chi mi ha preceduto
ed ispirandomi alle altre arti marziali sono giunto alla creazione
dello Shiai kumite Shorei-kan.
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