Durante gli
ultimi decenni, la diffusione e popolarizzazione del karate secondo
concezioni puramente competitive ha causato una grande confusione
a proposito di quest'arte marziale ed ha messo in dubbio la conservazione
stessa della sua essenza. A causa del gran numero di praticanti,
infatti, l'evoluzione del karate ne ha provocato un notevole frazionamento
tecnico. In Giappone si contano oggi trecento stili diversi, mentre
ad Okinawa, considerata la culla del karate, rimangono essenzialmente
solo le due scuole principali, il Goju-Ryu e lo Shorin-Ryu.

Il Goju-Ryu della Scuola Shorei-Kan
(scuola della cortesia e delle buone maniere) viene insegnato
privilegiandone l'aspetto artistico, come avveniva ad Okinawa
prima della diffusione mondiale di quest'arte, invece di quello
agonistico. Il fine di questo karate, quindi, non č come vincere
in gara, bensė come diventare persone migliori attraverso la pratica
dell'arte. Per usare un'immagine del maestro Toguchi, il karate
Shorei-Kan è simile ad un fiore selvatico, che deve crescere
tra mille avversità, piuttosto che ad un fiore di serra,
più colorato e sgargiante ma sicuramente meno robusto.
Per questo, il simbolo dello Shorei-Kan è costituito da
un fiore di ciliegio.

Dal punto di vista tecnico, il karate goju-ryu
utilizza posizioni basse ma corte, in grado di conferire grande
stabilità, molti attacchi e parate di mano (sia chiusa
che aperta), leve e manovre evasive, ma pochi calci. Si ritiene
che l'importanza data alla stabilità della posizione e
la predominanza di tecniche compatte siano dovute al fatto che
ad Okinawa e nella Cina del Sud le vie di comunicazione principali
fossero sull'acqua, e quindi le tecniche di karate dovevano essere
efficaci anche in condizioni di precario equilibrio, quale quello
che si ha su una piccola imbarcazione.
Il programma
di karate dello Shorei-Kan comprende lo studio dei kata classici
e didattici, la pratica di kumite regolamentati come i bunkai
e kiso kumite, e una serie di esercizi (Tandoku Hojo Undo e Kumite
Hojo Undo) con la finalità di comprendere e affinare le
tecniche di base (Kihon), e capire come queste possono essere
applicate. L'applicazione delle tecniche apprese viene praticata
con lo shiai kumite (combattimento libero, con protezioni) e l'esercizio
irikumi (da effettuarsi però soltanto in presenza di un
istruttore).
Contrariamente a quanto avviene in altri
stili di karate, in cui ogni grado di allievo (kyu) corrisponde
ad un colore di cintura diverso, nello Shorei-kan i colori sono
soltanto tre: bianco, verde e marrone.
Questi tre colori corrispondono a tre stadi di maturazione dell'arte
marziale: le cinture bianche devono apprendere le posizioni e
le tecniche di base, le cinture verdi iniziano a studiare i kata
classici e di respirazione, mentre le cinture marroni studiano
più approfonditamente i kata, i kumite e il programma didattico
del karate per arrivare alla padronanza delle tecniche apprese.
Contrariamente a quanto si osserva in altre scuole di karate,
i kata dello Shorei-Kan sono in numero
limitato (2 kihon kata, 8 kata classici e 12 kata moderni) e a
ciascun grado l'allievo approfondisce lo studio di un nuovo kata
alla volta. Questo spirito deriva dal metodo di insegnamento del
maestro Miyagi, che insegnava ai principianti soltanto il kata
sanchin, passando alle altre tecniche solo quando fosse
soddisfatto dell'esecuzione di questo kata. Questo metodo di insegnamento,
piuttosto duro, divenne noto come "sanchin dei tre anni".
Le cinture nere, a cui si richiede
di conoscere e sapere insegnare tutto il programma di tutti i
kyu, iniziano a studiare esercizi più complessi, come il
jissen kumite, e successivamente il kaisai kumite (che rappresenta
un koan di combattimento), in modo da arrivare a comprendere
quale sia la tecnica più effìcace di attacco e difesa
in qualunque situazione. Questo percorso
è simile a quanto si può osservare nell'apprendimento
delle altre arti: pensiamo alla pittura, in cui l'allievo deve
prima imparare a maneggiare matite e pennelli, e poi affrontare
argomenti complessi come la prospettiva o la teoria dei colori,
e poi ancora studiare a fondo l'opera dei grandi maestri, prima
di potere arrivare alla padronanza dell'arte; una volta giuntovi,
inoltre, le inclinazioni personali determineranno il percorso
dell'artista, e lo condurranno ad approfondire lo studio di alcune
tecniche per esprimere il suo io artistico. Si pensi ad esempio
a quanto un Maestro come Mondrian debba avere approfondito lo
studio della teoria dei colori, o Leonardo da Vinci quello dell'anatomia!
Similmente, un praticante di karate dovrà spesso ripensare
all'efficacia del suo pugno, o di una particolare tecnica di parata,
per arrivare alla vera maestria dell'arte.
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